Anche adesso che ho cinquant’anni e passa, quando sento quell’odore, quel puzzo, quell’aroma, ripiombo con la memoria a mio nonno Angelo.
Abitava distante da noi, in Piemonte, che mi sembrava lontanissimo tanto che ci si andava due o tre volte l’anno, affrontando un viaggio scomodo nella nostra Fiat 500 Giardiniera blu scuro. Io stavo nel baule, perché nel sedile dietro sedevano stretti stretti i miei fratelli e lo zio Ciro.
Il nonno lo rivedo nei miei ricordi avvolto da una perenne nuvola grigiastra, che gli aveva dipinto anche i capelli e la barba ispida.
Di tante persone della mia infanzia più che i volti ricordo il profumo:
un dopobarba, un’acqua di colonia, una violetta di Parma, il lievito madre del forno dei miei cugini, l’acqua brillante che beveva di continuo zia Nina che era diabetica…
Ma il nonno superava tutti!
Oppure, quando si allontanava, riuscivo a trovarlo ad occhi chiusi.
Di lui ricordo i grossi occhiali neri, le bretelle e il suo toscano sempre stretto tra i denti.
Non mi ricordo la sua voce o le cose che abbiamo fatto insieme, non mi ricordo se ho pianto quando è morto, lo rivedo soltanto nelle tre fotografie che abbiamo insieme: con i suoi occhiali neri, le sue bretelle e il suo sigaro addormentato sulle labbra.
Da allora sono passati cinquant’anni, e ogni tanto capita di sentire nell’aria l’odore di un ricordo lontanissimo, in bianco e nero come le foto di quando ero bambino.
Qualche locomotiva sbuffa tra la folla, alzando nuvole grigiastre che ogni volta mi riportano al tempo in cui tutto era semplice e senza pensieri, come un viaggio nel baule di una macchinina blu.
Scritto da Antonio Galuzzi
Immagini originali realizzate dall’artista ©Sakka
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